Il geco leopardino

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Classe

Reptilia

Ordine

Squamata

Sottordine

Sauria

Famiglia

Eublepharidae

Genere e Specie

Eublepharis macularius

 

Dimensioni: 15-20+ cm (coda compresa)

Peso: 50-100g

Longevità: 15-20 anni

 

I gechi leopardini sono gechi terricoli di dimensioni medio-grandi molto apprezzati come rettili da compagnia. Si tratta di animali dal carattere timido ma che facilmente si abituano al contatto con l’uomo. I motivi del loro successo in cattività risiedono nella relativa facilità di gestione e riproduzione, nella richiesta di spazi non eccessivi e nella loro bellezza e grande varietà di colorazioni (morph) reperibili in commercio.

 

In natura

Il geco leopardino è originario dei deserti rocciosi di Pakistan, Afghanistan e India nord-occidentale. Si tratta di un animale crepuscolare, molto attivo alla sera e nelle ore notturne, mentre durante il giorno riposa in tane sotterranee, tra le rocce o la vegetazione. Anatomicamente si contraddistingue per la presenza di palpebre mobili, una grossa coda (che funge da riserva idrica e di grasso) e, contrariamente all’immaginario classico sui gechi, per l’assenza di lamelle adesive digitali (e quindi l’impossibilità di arrampicarsi su superfici verticali lisce).

Come scegliere il tuo geco

Il soggetto che andremo a scegliere dovrà provenire da un negozio o un allevatore di fiducia. Un animale sano è normalmente molto attivo (soprattutto se giovane), privo di ferite o residui di muta (attenzione a controllare la punta delle dita e della coda); gli occhi devono essere tenuti bene aperti e privi di materiale, le mucose orali umide e lucide. Segni riconoscibili di malattia sono l’eccessiva magrezza (osservabile a livello della coda), scoliosi della colonna vertebrale, l’assenza o la scarsa risposta agli stimoli, la presenza di parassiti cutanei evidenti (sotto forma di piccoli pallini neri o rossi, soprattutto a livello di labbra, occhi e orecchie), feci liquide e maleodoranti.

Negli adulti è possibile riconoscere i maschi dalle femmine: i primi saranno tendenzialmente più grossi, con una testa più massiccia e con i pori femorali molto più pronunciati.

Gestione

IL TERRARIO

I gechi leopardini vanno tenuti preferibilmente da soli per evitare fenomeni di aggressività e competizione per il cibo, ma è possibile mantenerli in piccoli gruppi (3-5 individui) costituiti da femmine ed un solo maschio. Un terrario di 60x50x50 cm può ospitare da 1 a 3 gechi, e le dimensioni andranno aumentate di 10x10 cm per ogni animale che aggiungeremo. Per quanto riguarda l’arredamento, è buona norma scegliere oggetti il cui numero e materiali consentano una pulizia agevole e completa. Come substrato si consigliano giornali (economici e comodi da cambiare tutti i giorni) o tappetini di erba sintetica, più gradevoli alla vista e comunque in grado di garantire una buona igiene. Se volessimo optare per un substrato di tipo naturalistico, sono sconsigliati sabbia, ghiaia, tutolo, aspen, chips di corteccia o altri materiali a granulometria fine, che costituiscono un serio pericolo per il nostro animale se ingerite; sono quindi da preferirsi torba o terriccio, tenendo bene a mente che materiali di questo tipo rendono più facile la crescita di colonie batteriche e fungine, e avranno quindi bisogno di un’igiene ancor più rigorosa. Le operazioni di pulizia sono facilitate dal fatto che questi gechi tendono a defecare sempre negli stessi punti del terrario, e dal fatto che producono urine solide.

Dal momento che in natura questi animali vivono in ambienti rocciosi, è consigliato arricchire l’ambiente con moderate pendenze che possono essere rappresentate da cortecce di sughero, rocce (vere o finte) o tronchi e rami robusti che consentano ai gechi di sfruttare l’ambiente in tutte le dimensioni. In questi casi è di fondamentale importanza fissare in maniera stabile tutti gli arredi, prevenendo così frane potenzialmente fatali.

Fondamentale è la presenza di più rifugi (anche a seconda del numero di animali ospitati), di cui uno dovrà essere adibito a “tana umida”, ossia un ambiente ad umidità elevata in cui l’animale andrà a rintanarsi per effettuare la muta. I rifugi potranno essere rappresentati da vasi di coccio, cortecce “a grotta” o prodotti appositi acquistabili presso negozi specializzati.

Benché si tratti di animali provenienti da climi aridi e desertici, non dovremo comunque far mancare una ciotola d’acqua pulita sempre a disposizione.

 

PARAMETRI AMBIENTALI

I rettili sono animali ectotermi e eterotermi (in contrasto con i mammiferi e gli uccelli, che sono invece endotermi e omeotermi): questo significa che il mantenimento della loro temperatura corporea avviene in massima parte non tramite meccanismi fisiologici endogeni, ma tramite adattamenti comportamentali. Nello specifico, i gechi leopardini sono animali crepuscolari e notturni, per cui il loro ossia il loro metodo di acquisizione di calore dall’ambiente avviene attraverso il contatto con superfici calde (animali tigmotermi). Come sistemi di riscaldamento, i migliori sono probabilmente serpentine e tappetini a contatto diretto con la porzione di pavimento e parete che sceglieremo come zona calda. Molta attenzione va posta nel monitoraggio della temperatura: è imperativo l’utilizzo di un termostato messo direttamente a contatto con la superficie su cui si appoggerà il nostro animale, anche solo pochi millimetri di aria tra la sonda e il pavimento potranno dare una lettura falsata in difetto e quindi un aumento di temperatura eccessivo nel punto di contatto con l’animale (=ustioni). La temperatura in questo punto caldo deve raggiungere i 31-32°C. Avere un terrario di grandi dimensioni consente di ricreare con successo un giusto gradiente di temperatura tra il punto più caldo e quello più freddo alle due estremità della teca; quest’ultimo potrà essere mantenuto a temperatura di 21-22°C (con un abbassamento notturno in tutto il terrario di 2-3°C), in modo che il geco possa regolare la propria temperatura spostandosi dal punto freddo a quello caldo.

Sebbene molti autori e allevatori non lo ritengano necessario, è opinione di chi scrive che anche i gechi leopardini traggano notevole beneficio dalla presenza di lampade ad emissione di raggi UVB: sebbene si tratti di animali maggiormente attivi durante la sera e di notte, una modesta esposizione alle radiazioni UVB avviene anche in natura e gioca un ruolo chiave nel metabolismo del calcio, contribuendo a prevenire la giustamente temuta Malattia Ossea Metabolica. Chi scrive quindi consiglia di utilizzare lampade a bassa emissione di UVB e basso wattaggio, sostituendole ogni 6-12 mesi a seconda delle indicazioni della casa produttrice. Il corretto fotoperiodo (ossia l’alternanza di ore di luce e buio) è di circa 12-14 ore di luce in estate e primavera, 8-10 in inverno. Per quanto riguarda l’umidità ambientale, questa sarà adeguata ad un rettile proveniente da zone deserticole: 30-40% durante il dì, 50-65% durante la notte. Un’umidità corretta è molto importante soprattutto per i giovani (rischio disidratazione) e i soggetti in muta, che in condizioni troppo secche possono effettuarla in maniera errata e avere necrosi delle dita e della coda: a tale proposito si ricorda di utilizzare un rifugio foderato con torba/terriccio mantenuti ad elevata umidità (70-80%). Infine, la ventilazione: un buon ricambio d’aria è necessario per ogni animale, quindi andremo a scegliere un terrario con griglie di ventilazione poste ai lati opposti della teca e posizionate su altezze diverse.

Sebbene in natura le variazioni stagionali non inducano nei gechi leopardini un vero e proprio letargo, essi attraversano comunque un periodo di abbassamento delle attività metaboliche in inverno chiamato brumazione. Essa assume particolare importanza soprattutto a livello riproduttivo, e sarà replicata in cattività con un abbassamento delle temperature massime di circa 4-5°C ed una riduzione del fotoperiodo (8-10 ore di luce al giorno) per circa 7-9 settimane in inverno.

Alimentazione

I gechi leopardini sono animali insettivori. È indicato utilizzare la maggiore varietà possibile di insetti, quali grilli, piccole locuste, blatte, bachi da seta e camole della farina; saltuariamente possono essere offerte camole del miele (eccessivamente caloriche e con un rapporto calcio-fosforo molto sbilanciato a favore di quest’ultimo) o topini neonati. Agli animali in crescita e alle femmine in riproduzione l’alimento andrà offerto quotidianamente, mentre i soggetti adulti possono essere alimentati 2-3 volte a settimana. Se il terrario è privo di materiale ingeribile (es. sabbia o piccoli pezzi di corteccia) e non offre nascondigli impenetrabili al geco, il consiglio è quello di liberare gli insetti direttamente nella teca e stimolare così l’attività di caccia e il movimento.

Infine, molta attenzione va posta nell’integrazione vitaminica e minerale (soprattutto di calcio). Esistono in commercio molti prodotti multivitaminici e contenenti calcio carbonato da spolverare sugli insetti (dusting) prima di offrirli al geco; chi scrive preferisce invece effettuare l’integrazione tramite il gut loading delle prede: l’integratore viene spolverato sul cibo degli insetti, che deve essere vario e di ottima qualità; in questo modo avremo prede “caricate” di tutti i nutrienti necessari al geco, senza alterarne l’appetibilità (spolverare il calcio sugli insetti vivi, oltre ad essere meno efficace come metodo di integrazione, va a occludere le trachee, portando rapidamente a morte per soffocamento).

Salute

PRINCIPALI PATOLOGIE

La presente sezione non ha come obiettivo quello di fornire indicazioni terapeutiche, ma quello di illustrare al proprietario le principali cause delle patologie più comuni e quello di fornire indicazioni su eventuali sintomi e segni clinici da riconoscere nel caso il proprio animale stesse male.

Malattia Ossea Metabolica (MOM)

Patologia molto frequente in passato, oggi per fortuna il livello di conoscenze e consapevolezza sulla gestione dei nostri rettili esotici è cresciuto tanto da renderla ormai un reperto poco comune. È una condizione simile al rachitismo dei mammiferi (uomo compreso), e nei giovani gechi vede come cause un insufficiente apporto alimentare di calcio. In questi animali crepuscolari la mancata esposizione alle radiazioni UVB è meno coinvolta nell’insorgenza della malattia, ma chi scrive consiglia comunque di fornirla a tutti gli animali. Altre cause negli adulti sono una eccessiva produzione di uova nelle femmine e, più raramente, l’insufficienza renale cronica. I segni più comuni negli animali in crescita sono magrezza, deformità degli arti e della mandibola, difficoltà nella deambulazione e nell’alimentarsi e, nei casi molto gravi, abbondanti tremori di tutto il corpo. Negli adulti i segni sono meno spiccati ma sovrapponibili. Per scongiurare questa malattia molto spesso fatale, è bene essere scrupolosi nella dieta e nella gestione.

Consiglio pratico: nelle belle giornate è consigliabile far fare all’animale, tenendolo sotto attento controllo per evitare fughe o predatori, dei brevi bagni di sole (preferibilmente al tramonto) in un recipiente aperto e dai bordi alti.

 

Parassiti

I parassiti esterni (acari) sono rari in questa specie, ma sempre patologici. Si riconoscono come pallini di circa 1 mm sulla pelle dell’animale, rossi o neri, soprattutto in corrispondenza della testa. La loro presenza è normalmente collegata ad una pessima gestione da parte dell’allevatore iniziale, con sovraffollamento e scarsa igiene.

Il più importante e pericoloso parassita interno è costituito dal protozoo Cryptosporidium saurophilum, che è causa di malattia cronica caratterizzata da dimagramento, diarrea, anoressia e inevitabilmente morte. Dal momento che ad oggi non sono disponibili terapie efficaci una volta che la malattia è clinicamente manifesta, è fondamentale effettuare quarantena ed esami diagnostici precoci (al momento dell’acquisto) in tutti i nuovi soggetti.

I gechi leopardini possono albergare frequentemente alcune popolazioni di vermi (ossiuri) e protozoi (flagellati) senza che questi causino malattia. In condizioni di scarsa igiene e infestazioni eccessivamente abbondanti, l’animale può manifestare diarrea, stentata crescita o dimagramento e occlusione intestinale ad esito anche fatale.

Consiglio pratico: effettuare quarantena ed esami delle feci per ogni nuovo soggetto; mantenere elevati standard igienici all’interno del terrario rimuovendo subito le feci prodotte; far effettuare dal proprio veterinario esperto un esame delle feci (preferibilmente con metodi quantitativi) almeno una volta l’anno.

 

Costipazione

Tipica di soggetti con substrato inadeguato (sabbia, aspen, corteccia ecc) o iperalimentati con quantità eccessiva di insetti chitinosi (es locuste, caimani, grilli). L’animale si presenterà più o meno depresso, riluttante al movimento, con addome disteso e con produzione di feci assente (o con scarse feci liquide). In casi particolarmente gravi è necessario ricorrere alla chirurgia, spesso con prognosi riservata o infausta.

Consiglio pratico: evitare tipi di fondo che possano essere ingeriti dall’animale; somministrare gli insetti in apposite ciotole a prova di fuga; evitare di alimentare eccessivamente gli animali.

 

Distocia

Ne esistono di due tipi: la stasi follicolare, in cui i follicoli ovarici crescono, ma non avviene né ovulazione né riassorbimento, e la distocia vera e propria, in cui le uova si formano all’interno dell’animale ma non vengono deposte. In questa specie si verifica quasi esclusivamente il secondo tipo, e le cause risiedono essenzialmente in una gestione scorretta, come carenza di calcio alimentare e/o l’assenza di condizioni di deposizione corrette. La distocia è una condizione potenzialmente molto grave, in cui delle masse voluminose occupano spazio in addome e rendono difficoltosa la respirazione e la digestione. Nei casi più gravi avremo la rottura di queste strutture, con conseguente celomite (l’equivalente della peritonite dei mammiferi) da tuorlo e possibile shock settico. I sintomi normalmente comprendono anoressia, abbattimento di grado variabile e addome ingrossato con presenza di masse ovalari visibili anche attraverso la cute, che in questi animali è molto sottile.

Consiglio pratico: consentire una corretta brumazione; fornire un’adeguata quantità di calcio alimentare; soprattutto se presente anche un maschio, è opportuno lasciare a disposizione una cassetta dai bordi rialzati con uno strato di circa 15 cm di torba o sabbia per consentire una eventuale deposizione.

 

Disecdisi

Questo termine indica una muta effettuata in maniera incorretta. Nel caso del geco leopardino questa avviene “a grandi lembi”, ossia la vecchia pelle (exuvia) si solleva e si separa dallo strato sottostante in maniera disordinata e viene persa tutta nell’arco di 1-3 giorni; i soggetti giovani la effettuano ogni 10-15 giorni, mentre gli adulti ogni 3-4 mesi, e la vecchia pelle viene ingerita dagli animali.

Una durata eccessiva della muta e la ritenzione di porzioni di pelle possono far sospettare l’inadeguatezza delle condizioni della “tana umida” o carenze vitaminiche. Particolare attenzione va posta osservando la punta delle dita e della coda: in queste zone la pelle accumulata può formare degli anelli che andranno ad impedire una corretta circolazione sanguigna, con conseguente necrosi e perdita di unghie, dita e altre estremità.

È bene evitare di tentare di rimuovere da soli gli eventuali brandelli di vecchia pelle, in quanto esiste la possibilità di lesionare in maniera importante la cute sottostante.

Consigli pratici: un buon tentativo prima di portare il geco dal veterinario è quello di fargli dei bagnetti in acqua tiepida, in modo da ammorbidire la vecchia pelle e facilitarne l’eliminazione da parte dell’animale.

 

Prolassi (cloacale o degli emipeni)

Con prolasso si intende la fuoriuscita della mucosa di cloaca/retto o l’impossibilità di riposizionare uno o entrambi gli emipeni all’interno delle tasche. Le cause principali sono l’inadeguata assunzione di calcio (che determina ipotonia muscolare) e l’aumento della pressione intracelomatica, ad esempio in corso di costipazione, parassitosi o distocia. L’esposizione all’aria e gli insulti meccanici comportano in un primo momento infiammazione e edema della mucosa, che avrà ancora più difficoltà ad essere riposizionata; se non individuata tempestivamente, questa condizione porta rapidamente a disidratazione e necrosi della parte prolassata, con conseguenze potenzialmente fatali per l’animale. 

 

Consigli pratici: ispezionare quotidianamente la regione cloacale del proprio animale in presenza di fattori potenzialmente predisponenti (es femmine gravide, soggetti con diagnosi di MOM); in caso di prolasso, non tentare un riposizionamento “fai da te”, ma mantenere umida la parte (ad esempio adagiando l’animale su carta assorbente bagnata, meglio se con soluzione fisiologica) e portare urgentemente in visita l’animale.

 

Perdita della coda

Come altri sauri, anche il geco leopardino può effettuare autotomia della coda se afferrato per quest’ultima o manipolato eccessivamente. Sebbene questa vada a ricrescere (anche se solo con supporto cartilagineo), la perdita di una così importante riserva idrica e calorica può comportare notevoli problemi per la salute dell’animale, così come esiste la possibilità di infezione a partire dal moncherino fresco.

 

Consigli pratici: mai prendere il geco per la coda; evitare manipolazioni prolungate se il l’animale mostra segni di stress o disagio.


Dr. Edoardo Bardi DVM